Tasse sugli affitti brevi e plusvalenza sulla vendita di immobili ristrutturati con 110. Le nuove disposizioni
La Legge di Bilancio 2024 introduce una serie di novità fiscali sulle tasse sugli affitti brevi.
Sarà anche aumentata la tassazione delle plusvalenze di chi decide di rivendere entro i dieci anni, una casa ristrutturata con il 110.
Approfondiamo questi due aspetti che riguardano il settore immobiliare. 😉
AGGIORNAMENTO – CIRCOLARE AGENZIA DELLE ENTRATE DEL 13 GIUGNO 2024 –
Il 13 giugno 2024 è uscita la circolare n. 13/E dell’Agenzia delle Entrate che fornisce le istruzioni operative a riguardo, assieme alle nuove indicazione per la variazione dello stato dei beni.
Tasse sugli affitti brevi: nuove regole per la cedolare secca
Ecco le principali novità della legge di bilancio che riguardano il settore immobiliare.
La tassazione sulla cedolare secca degli affitti brevi passerà dall’attuale 21% al 26%.
Gli affitti brevi sono quelli di durata inferiore ai 30 giorni.
Importante! L’aumento si applica a partire dal secondo immobile locato in poi.
Ciò significa che chi ha un solo immobile locato con locazione breve continuerà a pagare il 21% di cedolare secca.
Tirano quindi un sospiro di sollievo i piccoli proprietari immobiliari che hanno solo una casa da affittare.
Dal secondo immobile locato la cedolare passa al 26%.
🏘️Nota bene 1: anche se ci sono più di un immobile il proprietario può comunque sceglierne uno per il quale continuare a pagare la cedolare secca al 21%. Basterà selezionarlo in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi.Su tutti gli altri immobili dati in affitto breve applicherà la tassa al 26%.
La norma si applica dal primo gennaio 2024.
🏘️Nota bene 2: la cedolare secca si può utilizzare fino a quattro unità immobiliari. Sopra questa soglia (dalle 5 in su) scatta l’attività esercitata in forma imprenditoriale, con obbligo di apertura di partita IVA e tassazione ordinaria (più apertura SCIA e tutti gli altri adempimenti comunali).
Questa norma intende incidere in maniera più significativa su chi possiede diverse proprietà immobiliari, grazie alle quali attraverso piattaforme come AirbnB e Booking, realizza un vero e proprio business.
Tasse sugli affitti brevi: Introduzione del CIN
La lotta all’evasione fiscale che scaturisce dagli affitti brevi “selvaggi”, che non vengono comunicati al fisco, si combatterà introducendo un codice identificativo nazionale per gli immobili locati.
In pratica, il Ministero del Turismo assegnerà tramite una procedura telematica, un Codice identificativo nazionale ad ogni unità immobiliare ad uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche. Anche per le strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere.
Il CIN sostituirà quello regionale, provinciale o comunale eventualmente già in possesso (che conserva la propria validità fino al termine di novanta giorni successivi alla pubblicazione della legge).
Sarà onere di questi enti territoriali ricodificare i codici identificativi a suo tempo assegnati.
E ancora due precisazioni.
In fase di richiesta del CIN, l’obbligato deve attestare la presenza di requisiti di sicurezza in maniera differente a seconda che eserciti, o meno, l’attività in forma imprenditoriale (affitti cioè, dalle 5 unità immobiliari in su.
- Se non è imprenditoriale deve attestare la presenza di rilevatori di gas combustibili e di estintori.
- Se è imprenditoriale deve attestare la presenza dei requisiti di sicurezza degli impianti.
I locatori, gli intermediari e le piattaforme di annunci, avranno l’obbligo di indicare il CIN nelle proposte e negli annunci. Se l’annuncio non è provvisto di CIN non potrà essere pubblicato.
Oltre che in annuncio, il CIN dovrà essere esposto anche all’ingresso dell’unità immobiliare o dell’edificio.
Per le violazioni dell’obbligo di indicare il CIN sono previste sanzioni pecuniarie piuttosto salate.
Le funzioni di controllo e l’applicazione delle sanzioni sono esercitate dai Comuni, attraverso gli organi di polizia locale, e dagli agenti di polizia giudiziaria, ciascuno nell’ambito delle rispettive competenze.
Plusvalenza sulla vendita di immobili ristrutturati con 110% prima dei dieci anni dalla fine dei lavori
Un’altra novità della legge di Bilancio 2024 che riguarda aspetti immobiliari, è quella della vendita di immobili ristrutturati con l’incentivo del superbonus 110%, prima dei dieci anni dalla fine dei lavori.
Cos’è una plusvalenza?
Se si compra una casa e la si rivende entro i 5 anni, lo Stato desume che sia a intento speculativo e quindi ti tassa il guadagno (la differenza tra il prezzo che l’hai pagata e quello a cui l’hai rivenduta).
Questo guadagno è la plusvalenza e viene considerata un reddito diverso, cioè che non deriva da capitale investito o dal lavoro, e come tale viene tassato.
Si può scegliere tra una tassazione ordinaria a seconda delle personali aliquote Irpef o una tassazione sostitutiva del 26%.
Tuttavia, la tassazione è applicata sulla plusvalenza calcolata al netto delle spese.
Cioè, dalla differenza tra quanto si paga la casa e quanto si ottiene quando si rivende, si possono detrarre:
- le tasse pagate per l’acquisto;
- l’onorario del notaio e ogni altra spesa sostenuta in sede di acquisto come quelle per l’intermediazione immobiliare;
- eventuali spese di ristrutturazione e manutenzione.
La plusvalenza NON viene tassata quando:
- l’immobile è stato comprato o costruito da più di cinque anni;
- è stato ottenuto per successione;
- per la maggior parte del tempo tra acquisto e vendita è stato utilizzato come abitazione principale dal proprietario o dai suoi familiari.
Legge di Bilancio 2024 e novità sulla plusvalenza
La nuova legge di bilancio ha deciso di penalizzare chi ha ristrutturato seconde case con superbonus 110%, usufruendo della cessione del credito o dello sconto in fattura, e decide di rivendere entro dieci anni (perché appunto non vuole speculazioni fatte grazie al 110).
- Ha quindi ampliato l’orizzonte temporale nel quale si applica la plusvalenza, passando da 5 a 10 anni (restano le stesse cause di esenzione. Te le elenco più sotto);
- Si introducono diversi parametri di conteggio delle spese di ristrutturazione ai fini del calcolo della plusvalenza.
Lo Stato, in pratica, presuppone che la ristrutturazione che tu hai fatto col 110 (a costo zero o quasi) abbia fatto aumentare notevolmente il valore dell’immobile.
Presuppone anche che il nuovo valore che hai ottenuto, si differenzi notevolmente dal costo sostenuto per l’acquisto.
Pertanto, si “inserisce” in questo “varco” e stabilisce che le spese di ristrutturazione fatte col 110, non possono essere considerate come onere accessorio e quindi detratte (come abbiamo visto sopra).
Di conseguenza, la plusvalenza che ne deriva è più alta.
Dal 1.01.2024 in caso di vendita di un immobile riqualificato con interventi di superbonus 110% entro 10 anni da fine lavori, la plusvalenza del 26% andrà calcolata tenendo conto del maggior valore dovuto ai lavori di ristrutturazione.
La plusvalenza sarà classificata tra i “redditi diversi” ai fini Irpef.
Ecco tre precisazioni.
- Sono esclusi gli immobili adibiti a prima casa (per la maggior parte del tempo) e quelli ottenuti per successione.
- Il differente calcolo della base imponibile vale solo se si è usufruito della cessione del credito o dello sconto in fattura.
- Il calcolo della base imponibile resta quello ordinario nel caso si sia usufruito dell’opzione di detrazione. In questi casi, le spese sostenute rilevano sempre al 100% nel calcolo della plusvalenza e possono continuare ad essere considerate in diminuzione della base imponibile.
Qual è la base imponibile della plusvalenza?
È pari alla differenza tra il corrispettivo percepito dalla vendita e il prezzo di acquisto (o costruzione) incrementato di ogni altro costo inerente.
La legge di bilancio 2024 interviene direttamente sul Testo Unico delle imposte sui redditi, introducendo una nuova “lettera” al comma 1 dell’art. 68.
La determinazione dei costi inerenti al bene che ha usufruito del superbonus, (quelli che determinano la base imponibile) viene disciplinata diversamente a seconda che si venda nei primi 5, o nei primi 10 anni, successivi alla fine dei lavori.
Il nuovo punto stabilisce che, in caso di cessione del credito o sconto in fattura:
- Per gli interventi del 110 realizzati tra i 5 e i 10 anni, si considera solo il 50% del valore della ristrutturazione.
- Per gli interventi del 110 realizzati entro i 5 anni, non si può detrarre nessun costo della ristrutturazione dal calcolo della plusvalenza.
Concludo con altre quattro precisazioni:
- Decorsi i dieci anni, sarà possibile conteggiare i costi relativi agli interventi agevolati col 110%, per i quali si è beneficiato della cessione del credito o dello sconto in fattura.
- Il sostenimento di spese diverse da quelle del superbonus (ovvero le spese non agevolate) non rientrano nella nuova tassazione.
- Il sostenimento di spese bonus con aliquote diverse rispetto al 110% (ad esempio, il 90%, il 70% o il 50%) fa rientrare la cessione nella nuova disciplina, ma rende totalmente deducibili i costi sostenuti.
- Per gli immobili acquisiti o costruiti, alla data della cessione, da oltre cinque anni, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione è rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
Pertanto, se hai ristrutturato una seconda casa usufruendo dell’incentivo del 110% con sconto in fattura o cessione del credito, proprio per realizzare una plusvalenza vantaggiosa, considera che dal 2024 aumenta la base imponibile su cui calcolare questa imposta.
Potrai sempre scegliere di pagarla a seconda del tuo scaglione Irpef o con la tassazione sostitutiva del 26%.
Il mio consiglio è di far effettuare una valutazione di mercato dell’immobile che vuoi mettere in vendita, che sia reale e non gonfiata (per accaparrarsi l’incarico di vendita), e di consultare un fiscalista prima di metterlo a mercato, così da capire bene l’ammontare delle tasse.
Ci vediamo al prossimo articolo! 😊
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